L'attività di consulenza in materia di lavoro e previdenza costituisce uno strumento necessario per evitare contenziosi con lavoratori ed enti previdenziali e assistenziali.
Si attesta che, in data 6/12/2023
Magnanelli Massimiliano
ha partecipato all’Evento Formativo “Il Contratto di rete: opportunità per le imprese e tutela del lavoro” tenutosi in modalità webinar dalle ore 15,30 alle ore 17,30, organizzato da AGI - Avvocati Giuslavoristi Italiani - Sezione Lazio - ed accreditato dal Consiglio Nazionale Forense, e che tale partecipazione attribuisce 2 (due) crediti formativi a coloro i quali siano soggetti all'obbligo di formazione (l. 31/12/2012 n° 247 e ss.).
Roma, 6/12/2023
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Il Presidente Filippo Maria Giorgi
_________________________________ AGI Avvocati Giuslavoristi Italiani Sezione Lazio
Cass. pen., sez. III, 11 gennaio 2023 (u.p. 15 novembre 2022), n. 540 - Pres. Gentili - Est. Pazienza - P.M. (Conf.) Fimiani - Ric. P. Lavoro -
Richiesta di documenti da parte dell’Ispettorato del Lavoro -
Omessa risposta da parte di datore di lavoro -
Reato - Sussistenza - Illegittimità costituzionale - Esclusione
È configurabile il reato di mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del Lavoro anche nel caso di omessa esibizione da parte del datore di lavoro di specifici documenti che quelle notizie contengano, risultando questa interpretazione dell’art. 4 legge n. 628/1961 in linea con i principi costituzionali di tassatività e determinatezza.
Il ricorso è inammissibile quanto al il primo motivo, volto a sostenere l’irrilevanza penale della mancata risposta a richieste di produzione documentale (motivo imperniato sul tenore letterale della norma incriminatrice, che si riferisce solo a richieste dell’Ispettorato di fornire “notizie”), i che la difesa ricorrente richiama, a sostegno, un precedente di merito e una isolata sentenza della Suprema Corte, evitando peraltro totalmente di confrontarsi con la più recente elaborazione giurisprudenziale, pervenuta a conclusioni opposte a quella auspicata nel ricorso.
Può farsi riferimento, tra le altre, a Sez. III, n. 35170 del 30 marzo 2017, secondo la quale «è configurabile il reato di cui all’art. 4 della legge n. 628 del 1961 (mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del Lavoro) anche nel caso di omessa esibizione di specifici documenti richiesti dal predetto Ispettorato da parte del datore di lavoro. È opportuno altresì far riferimento, tra le più recenti, a Sez. III, n. 726 del 10 ottobre 2018, dep. 2019, che ha ulteriormente osservato che «una diversa interpretazione sarebbe irragionevole ed illogica, facendo dipendere la sanzione penale dal fatto che le notizie siano o meno incorporate in un documento, il che contrasterebbe con l’ampia dizione del Legislatore che non ammette interpretazioni mutilanti o parziali».
Non può dunque dubitarsi della rilevanza penale da attribuire, secondo una elaborazione giurisprudenziale del tutto uniforme e costante negli ultimi anni, al rifiuto opposto dall’imputato alla richiesta di specifici documenti relativi alle prestazioni lavorative svolte da una delle aderenti alla cooperativa.
Appare per contro manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione incriminatrice perché contrasterebbe se interpretata nel senso avversato dal ricorrente - con i principi di tassatività e determinatezza.
Sul punto, è utile richiamare un recente arresto della Consulta (Corte cost., n. 25 del 23 gennaio 2019) secondo cui «per verificare il rispetto del principio di tassatività o di determinatezza della norma penale occorre non già valutare isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’illecito, bensì collegarlo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce.
In particolare, l’inclusione, nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice - avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato;
Ciò si verifica quando la descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile, e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo».
«Tali principi appaiono certamente applicabili nella fattispecie in esame, risultando quindi perfettamente in linea con le norme costituzionali un’interpretazione dell’art. 4 legge n. 628/1961, che comprenda - tra le condotte penalmente sanzionate di omessa fornitura delle “notizie” richieste dall’Ispettorato del Lavoro - anche il rifiuto di consegnare la documentazione, specificamente richiesta, che quelle notizie contengano.
Manifestamente infondate appaiono poi le censure volte, da un lato, a sostenere la prevalenza delle ragioni di privacy addotte quale giustificazione della mancata consegna all’Ispettorato della documentazione richiesta. La richiesta di documentazione, volta ad individuare l’effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative, rispondeva a concrete esigenze pubblicistiche di regolarità previdenziale ed assistenziale della posizione della Giurisprudenza .
Le prospettate esigenze di privacy non potevano che soccombere dinanzi alla necessità di soddisfare le predette esigenze».
Il reato di mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del Lavoro - previsto nell’art. 4 legge n. 628/1961 - continua a resistere agli attacchi mossi sotto il profilo della legittimità costituzionale, e ora anche della privacy.
Nella fattispecie de qua, il legale rappresentante di una società cooperativa a r.l. - condannato per non aver fornito i documenti richiesti da un Ispettorato Territoriale del Lavoro in ordine all’attività lavorativa prestata da una aderente alla cooperativa - sostiene che l’art. 4 legge n. 628/1961 si riferisce alla mancata fornitura di “notizie” e non comprende anche la mancata consegna di “documenti”.
Lamenta che la contraria opinione comporterebbe una violazione dei principi di tassatività e determinatezza della fattispecie penale, e chiede sollevarsi sul punto questione di legittimità costituzionale.
Per giunta, deduce «la prevalenza delle ragioni di privacy addotte quale giustificazione della mancata consegna all’Ispettorato della documentazione richiesta», attinente a dati sensibili quale la famiglia presso la quale la lavoratrice aveva operato.
A) Nel disattendere le argomentazioni difensive dell’imputato, la Sez. III osserva, anzitutto, che «è configurabile il reato di cui all’art. 4 della legge n. 628/1961 (mancata risposta alla richiesta di notizie da parte dell’Ispettorato del Lavoro) anche nel caso di omessa esibizione da parte del datore di lavoro di specifici documenti richiesti dal predetto Ispettorato».
B) Nessun dubbio, poi, circa la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione incriminatrice perché contrasterebbe se interpretata nel senso avversato dall’imputato con i principi di tassatività e determinatezza.
Al riguardo, la Sez. III evoca Corte cost. n. 25/2019 secondo cui «per verificare il rispetto del principio di tassatività o di determinatezza della norma penale occorre non già valutare isolatamente il singolo elemento descrittivo dell’illecito, bensì collegarlo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la disciplina in cui questa si inserisce» e, «in particolare, l’inclusione, nella formula descrittiva dell’illecito di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti elastici, non comporta un vulnus del parametro costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice - avuto riguardo alle finalità perseguite dall’incriminazione ed al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca - di stabilire il significato di tale elemento mediante un’operazione interpretativa non esorbitante dall’ordinario compito a lui affidato;quando cioè quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento ermeneutico controllabile e, correlativamente, permetta al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo».
Nota che «tali principi appaiono certamente applicabili nella fattispecie in esame, risultando quindi perfettamente in linea con le norme costituzionali un’interpretazione dell’art. 4 legge n. 628/1961, che comprenda - tra le condotte penalmente sanzionate di omessa fornitura delle “notizie” richieste dall’Ispettorato del Lavoro - anche il rifiuto di consegnare la documentazione, specificamente richiesta, che quelle notizie contengano». (Da notare, sotto altro profilo, che, ad avviso di Cass. pen., se., III, 22 marzo 2019 n. 12722, in Dir. prat. lav., 2019, 18, pag. 1162, «l’inclusione dei datori di lavoro tra i destinatari delle richieste di cui all’art. 4 legge n. 628/1961 non contrasta con il diritto costituzionale di difesa sul presupposto che, in tal modo, si imporrebbe agli stessi un obbligo di possibile autodenuncia quanto ad eventuali mancanze od omissioni, in quanto le suddette richieste rientrano nell’ambito della vigilanza amministrativa demandata all’Ispettorato e, come tali, da un lato assoggettano l’imprenditore allo stesso trattamento riservato a ogni cittadino sottoposto ad atti di controllo amministrativi per fini di interesse generale, e dall’altro risultano carenti del presupposto perché venga in discussione il predetto diritto costituzionale»).
C) Per quel che concerne la privacy, la Sez. III replica che «la richiesta di documentazione, volta ad individuare l’effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative, rispondeva a concrete esigenze pubblicistiche di regolarità previdenziale ed assistenziale della posizione della lavoratrice», e che «le prospettate esigenze di privacy non potevano che soccombere dinanzi alla necessità di soddisfare le predette esigenze». E quanto alla impossibilità di rivolgersi alle famiglie per ottenere le informazioni, aggiunge che «tale impostazione, chiaramente incompatibile con la lettera e lo spirito della legge, finirebbe per vanificare le possibilità di concreto e tempestivo intervento dell’Ispettorato, nelle funzioni di vigilanza dettagliatamente indicate nei commi dell’art. 4 che precedono la norma incriminatrice».