
L'istituto del preavviso, comune alla maggior parte dei
contratti di durata a tempo indeterminato (si veda, ad es.,
l'art. 1569 c.c. per il contratto di somministrazione, l'art.
1750 c.c. per il contratto di agenzia, l'art. 1833 c.c. per il
contratto di conto corrente), adempie alla funzione
economica di attenuare per la parte che subisce il recesso -
che è atto unilaterale recettizio di esercizio di un diritto
potestativo - le conseguenze pregiudizievoli della cessazione
del contratto;
costituisce comune affermazione che in tema di rapporto di
lavoro a tempo indeterminato l'istituto del recesso -
disciplinato dall'art. 2118 c.c.- adempie a una funzione
destinata a variare in funzione della considerazione della
parte non recedente; in caso di licenziamento si ritiene che il
preavviso abbia la funzione di garantire al lavoratore la
continuità della percezione della retribuzione in un certo lasso
di tempo al fine di consentirgli il reperimento di una nuova
occupazione; in caso di dimissioni del lavoratore il preavviso
ha la finalità di assicurare al datore di lavoro il tempo
necessario ad operare la sostituzione del lavoratore
recedente;
il tema della rinunziabilità del periodo di preavviso da parte
del soggetto non recedente e delle conseguenze giuridiche di
tale rinunzia è strettamente connesso e condizionato dalla
soluzione che si intende dare alla questione circa l’efficacia
reale o obbligatoria del preavviso;
infatti, ove dovesse optarsi per la natura reale del preavviso,
con diritto quindi della parte recedente alla prosecuzione del
rapporto fino alla scadenza del relativo periodo, non potrebbe
ipotizzarsi una rinunzia della parte non recedente idonea a
determinare l’immediata estinzione del rapporto di lavoro;
a soluzione opposta si perviene, invece, nel caso si aderisca alla
tesi dell'efficacia obbligatoria, la quale configura il preavviso
quale mero obbligo (accessorio e alternativo) dell'esercizio
del recesso; la parte recedente è libera di optare tra la
prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la
corresponsione a controparte dell'indennità (con immediato
effetto risolutivo del recesso); in base a tale costruzione in
capo alla parte non recedente si configura un diritto di credito
dalla stessa liberamente rinunziabile;
tale ultima opzione è coerente con gli approdi della
giurisprudenza di legittimità, la quale, a partire da Cass. n.
11740/2007, è pervenuta al superamento della tesi della
natura reale del preavviso, ritenendo che, alla stregua di una
interpretazione letterale e logico-sistematica dell'art. 2118
c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il
preavviso non ha efficacia reale (implicante, in mancanza di
accordo tra le parti circa la cessazione immediata del
rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di
tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine),
ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che, nel caso
in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto
immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente,
con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere
l'indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano
avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno
che la parte recedente, nell'esercizio di un suo diritto
potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla
continuazione del rapporto lavorativo, protraendone
l'efficacia sino al termine del periodo di preavviso (nel senso
dell’efficacia obbligatoria del preavviso si vedano Cass. n.
21216/2009, n. 13959/2009, n. 22443/2010, n.
27294/2018);
dalla natura obbligatoria dell'istituto in esame discende che la
parte non recedente, nulla deve alla controparte, la quale
non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto
di lavoro fino a termine del preavviso; alcun interesse
giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile in favore
della parte recedente; la libera rinunziabilità del preavviso
esclude che a essa possano connettersi a carico della parte
rinunziante effetti obbligatori in contrasto con le fonti
dell'obbligazioni indicate nell'art. 1173 c.c.
di qui il principio secondo cui, in tema di rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, la rinuncia del datore di lavoro al periodo di preavviso, a fronte
delle dimissioni del lavoratore, non fa sorgere il diritto di
quest'ultimo al conseguimento dell'indennità sostitutiva,
attesa la natura obbligatoria del preavviso.