Cass. Civile Ord. Sez. L Num. 4740 Anno 2025

 

La Corte d’Appello di Torino ha respinto l’appello di INPS

confermando la pronuncia di primo grado di condanna al

pagamento della prestazione NASPI, denegata in sede amministrativa,

per non avere dichiarato il reddito derivante dalla propria impresa individuale.

 

In particolare, richiamato un orientamento giurisprudenziale

della Corte territoriale, ed illustrata la normativa di riferimento

(artt. 10 e 11 D.Lgs. n.22/2015), l’impugnata pronuncia ha

ritenuto che la decadenza si verifica quando l’interessato, nel

periodo di fruizione della NASpI, dia inizio, cioè intraprenda,

un’attività di lavoro autonomo senza effettuare la

comunicazione del prevedibile reddito annuo ricavabile da tale

attività, e non nella diversa ipotesi in cui il fruitore della predetta

prestazione svolga attività lavorativa autonoma già

anteriormente alla cessazione del rapporto di lavoro subordinato

(in dipendenza della quale viene corrisposta la NASpI), in

ragione del tenore letterale dell’art. 11 secondo cui la

comunicazione del reddito vada effettuata entro 30 giorni

dall’inizio dell’attività.

 

Ha anche precisato che le disposizioni sulla decadenza, in quanto

di natura eccezionale, non possono applicarsi in via analogica ai cas

i non espressamente previsti, di talché non era consentito ipotizzare

l’intervenuta decadenza dal beneficio in questione, per il fatto di non

avere l’interessato comunicato entro 30 giorni dalla domanda amministrativa

di NASpI il reddito previsto come conseguibile per l’attività di

lavoro autonomo svolta da epoca anteriore alla domanda stessa.

 

L’INPS propone ricorso affidandosi ad un unico motivo

 

 

Con l’unico motivo il ricorrente istituto censura la violazione

degli artt. 10 primo comma e 11 lett. c) del D.Lgs. n.22/2015,

con riferimento all’art. 12 disp. prel. al cod. civ., in relazione

all’art. 360 n.3 c.p.c., ritenendo che, da una interpretazione non

meramente letterale delle norme ma dalla loro connessione e

dalla ratio legis, il significato delle parole “entro un mese

dall’inizio dell’attività” vada riferito al momento dell’inizio della

concomitanza della indennità NASpI e della attività di lavoro

autonomo; tale momento coinciderebbe con la presentazione

della domanda amministrativa (nel caso di svolgimento di

attività di lavoro autonomo intrapresa prima della data di

cessazione del rapporto di lavoro e continuata durante il periodo

di disoccupazione) o con la data in cui è effettivamente

intrapresa l’attività (nel caso di svolgimento di attività di lavoro

autonomo cominciata dopo la cessazione del rapporto di lavoro

durante il periodo di disoccupazione). Per contro, sarebbe

irragionevole ed ingiustificata l’interpretazione della norma nel

senso che per la comunicazione di una attività intrapresa

successivamente all’inizio della percezione della NASpI vi sia

uno stringente termine decadenziale di un mese, mentre per

un’attività preesistente e perdurante non vi sia alcun termine

per la comunicazione, in presenza di una identica situazione in

cui l’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo faccia

presumere la percezione di un reddito incompatibile con lo stato

di bisogno conseguente allo stato di disoccupazione. Al riguardo

il ricorrente richiama un’interpretazione della Corte di legittimità

secondo la quale il termine “intraprendere” vada inteso non solo

nel senso letterale di “iniziare” ma di “applicarsi con maggiori

energie e per un maggior tempo che per il passato”, in linea con

il principio secondo il quale le norme anche di carattere

eccezionale siano suscettibili di interpretazione estensiva. Nel

caso specifico, trattandosi di soggetto titolare di una attività

imprenditoriale concomitante con il periodo di disoccupazione,

richiedente il trattamento di NASpI in data 3/10/2017, la sua

comunicazione alla data del 9/1/2018 di un prevedibile reddito

pari a zero euro, oltre il termine di 30 giorni dalla domanda

amministrativa, ne aveva comportato la decadenza, sicché la

sentenza impugnata andava cassata. Nelle memorie illustrative

l’istituto ricorrente richiama precedenti pronunce di legittimità in cui si afferma

l’applicazione della decadenza per omessa comunicazione anche

a chi abbia iniziato a svolgere attività di lavoro autonomo prima

della domanda deltrattamento NASpI.

 

La normativa introdotta con D.Lgs. n.22/2015 prevede

l’istituzione di una indennità mensile di disoccupazione,

denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per

l’Impiego (NASpI), avente la funzione di fornire una tutela di

sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro

subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria

occupazione.

 

Nell’obiettivo di regolamentare condizioni di avvio

all’occupazione, l’art. 10 cit. d.lgs. disciplina la compatibilità del

trattamento indennitario con lo svolgimento di una attività

lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale,

prescrivendo per il lavoratore che durante il periodo in cui

percepisce la NASpI intraprenda un’attività lavorativa autonoma

o di impresa individuale l’obbligo di “informare l’INPS entro un

mese dall’inizio dell’attività”, dichiarando il reddito annuo che

prevede di trarne; il lavoratore, tuttavia, decade (art. 11) dalla

fruizione del trattamento, nel caso di inizio di una attività

lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale senza

provvedere alla comunicazione predetta.

 

La compatibilità, che l’art. 10 si premura di disciplinare,

implica un concomitante svolgimento dell’attività di lavoro

autonomo o imprenditoriale in costanza di fruizione del

trattamento indennitario; ciò si evince sia dalla circostanza,

menzionata nell’incipit del primo comma, dell’attività lavorativa

intrapresa “durante il periodo” in cui il lavoratore percepisce la

NASpI, sia dalla previsione di una riduzione del beneficio in un

importo percentuale del reddito previsto nella predetta

comunicazione.

 

Di recente, è stato già osservato da questa Corte (ord. n.1053/2024)

che «il corretto significato delle parole “entro un mese dall’inizio dell’attività”

deve essere riferito alla data dello svolgimento dell’attività di lavoro

autonomo rilevante ai fini della Naspi, ossia dall’inizio della concomitanza

dell’indennità Naspi e dell’attività di lavoro autonomo, cioè, dal

momento della presentazione della domanda amministrativa,

nel caso in cui lo svolgimento di attività di lavoro autonomo

fosse stata intrapresa prima della data della cessazione del

rapporto di lavoro subordinato che aveva dato corso al periodo

di disoccupazione, senza quindi alcuna distinzione tra omessa e

tardiva comunicazione oltre i trenta giorni e tra chi già aveva in

corso, al momento della domanda di Naspi, un’attività di lavoro

autonomo e chi la inizia dopo aver cominciato ad usufruire della

Naspi».

 

Deve dunque ritenersi rilevante, ai fini dell’obbligo

comunicativo di cui all’art. 10 e per evitare la decadenza dell’art.

11, non già la circostanza della anteriorità o meno dell’attività

lavorativa autonoma rispetto alla fruizione della NASpI, bensì la

contemporaneità dello svolgimento dell’attività con il

trattamento percepito; ed in questo senso, il termine

intraprendere”, va inteso non solo come “iniziare” (l’utilizzo dei

due termini nello stesso testo del primo comma dell’art. 10 ne

esuggerirebbe un diverso significato) ma anche nel senso

“impegnarsi, dedicarsi, applicarsi”. Sul punto, si rimanda a

quanto già osservato anche in ord. n. 11543/2024 secondo la

quale «dal tenore testuale dell’art. 10, cit., risulta che la

fattispecie cui si correla la decadenza è rappresentata

dall’omessa comunicazione all’INPS della circostanza della

contemporaneità tra il godimento del trattamento di

disoccupazione e lo svolgimento dell’attività lavorativa

autonoma da cui possa derivare un reddito, non essendo al

contrario necessario che tale attività sia stata intrapresa in

epoca successiva all’inizio del periodo di percezione della

NASpI» ed ancora, «che non osta a tale interpretazione la

circostanza che l’art. 10, comma 1, ricolleghi l’obbligo di

comunicazione al fatto che l’assicurato “intraprenda un'attività

lavorativa autonoma o di impresa individuale”, ben potendosi il

verbo “intraprendere” intendersi non solo nel senso letterale di

“iniziare”, ma anche in quello di “applicarsi con maggiori energie

e per un maggior tempo che per il passato” (così, seppure in

fattispecie differente, già Cass. n. 5951 del 2001)».

 

Il termine di un mese per la comunicazione all’INPS del

reddito annuo presumibilmente traibile, decorre dunque, se

l’attività autonoma precede lo stato di disoccupazione, dalla

presentazione della domanda di trattamento NASpI, mentre, se

l’attività autonoma comincia successivamente in costanza di

fruizione di NASpI, decorre dall’inizio dell’attività lavorativa. Le

conseguenze decadenziali di cui al successivo art. 11 comma 1

lett. c) d.lgs. 22/2015, per l’omessa comunicazione, restano

inalterate nell’uno e nell’altro caso; ed infatti, va escluso che

l’applicazione della predetta decadenza al caso dell’assicurato

che abbia omesso di comunicare all’INPS, nel termine di trenta

giorni dalla data di presentazione della domanda di prestazione,

il contemporaneo svolgimento di attività di lavoro autonomo

integri un’ipotesi di estensione analogica della decadenza a

fattispecie non espressamente prevista dal legislatore, come

tale vietata dall’art. 14 prel. c.c., «trattandosi al contrario di un

risultato coerente con un’interpretazione del combinato disposto

dell’art. 10, comma 1, e dell’art. 11, comma 1, lett. c), cit., che,

tenendo conto dell’ “intenzione del legislatore”, di cui all’art. 12

prel. c.c., non fa che estendere la regula juris della decadenza

ad una fattispecie da reputarsi implicitamente considerata dalla

norma, che nella specie -com’è d’uso dire con antica

espressione- minus dixit quam voluit (per la legittimità di tale

operazione ermeneutica anche in presenza di norme eccezionali

v. Cass. S.U. n. 1919 del 1990 e, più di recente, Cass. S.U. n.

11930 del 2010)»; in tali termini, Cass. n.11543/2024.

 

. A conforto di quanto fin qui argomentato, si richiami anche la

precedente ord. n. 846/2024, circa l’insussistenza di un’ipotesi

di applicazione analogica di norma eccezionale in divieto dell’art.

14 disp. prel. c.c., nell’intendere che l’obbligo di comunicazione

riguardi anche l’attività lavorativa già intrapresa prima della

domanda di Naspi:«Si tratta piuttosto di una esegesi dell’art.10,

co.1 che rimane all’interno del perimetro testuale normativo,

anziché esorbitare da esso e riferirsi a fattispecie diverse ma

connotate da “eadem ratio”. …. Né può essere condiviso

l’ulteriore argomento espresso nella pronuncia impugnata,

ovvero che la comunicazione era stata data, seppure in ritardo

rispetto al termine di legge, anziché essere stata omessa.

L’art.11 lett.c) correla la decadenza alla mancata comunicazione

di cui all’art.10, co.1, primo periodo, e tale norma parla

espressamente di comunicazione da inviare entro un mese.

Dunque, dal combinato disposto degli artt.10, co.1, primo

periodo e 11 lett. c), risulta chiaro che la decadenza scatta ogni

qual volta la comunicazione non sia data entro il termine di un

mese, nel caso di specie pacificamente non rispettato».

 

In definitiva, la decadenza prevista dall’art. 11 comma 1, lett.

c, per l’omessa comunicazione nel termine dell’art. 10 comma

1, non sanziona di per sé sola l’omissione formale bensì la

conseguente impossibilità di consentire una verifica della

compatibilità reddituale, tant’è che nella seconda parte del

primo comma dell’art. 10 si prevede che la presentazione della

dichiarazione reddituale ed i dati in essa ricavabili incidano sul

trattamento in corso di erogazione. D’altronde, la funzione della

prestazione in esame, essendo finalizzata ad assicurare

temporaneamente una forma di assistenza ai lavoratori che, per

effetto della cessazione del rapporto di lavoro, non possono far

ricorso a forme alternative di reddito per soddisfare le esigenze

primarie della vita, verrebbe meno in ipotesi di reperimento di

nuova occupazione, sicché il lavoratore decade dal relativo

beneficio se comunica tardivamente l'esistenza di un nuovo

impiego (cfr. Cass. n. 3776/09 in tema di indennità di mobilità,

vedi anche Cass. n. 6296/01) per cui sono a carico dello stesso

le conseguenze in caso di mancata comunicazione.